Junko Tabei, nata nel 1939 a Miharu, una piccola città nella prefettura di Fukushima, in Giappone, divenne una leggendaria alpinista nota per essere stata la prima donna a raggiungere la vetta del Monte Everest e la prima donna a completare le Seven Summits, conquistando le cime più alte di ogni continente. La sua passione per l'alpinismo iniziò durante un'escursione al monte Nasu in Giappone all'età di 10 anni e da quel momento, non smise mai di scalare.
Dopo essersi laureata all'Università Showa di Tokyo in letteratura inglese e americana nel 1962, Tabei fondò il Ladies Climbing Club nel 1969, la prima associaziaone di scalata del Giappone riservata alle donne, con lo slogan "Vai per la tua strada" che sottolineava la determinazione di sfidare i pregiudizi di genere nell'alpinismo. L'obiettivo del club era duplice: sfidare le montagne e le barriere sociali che impedivano alle donne di partecipare a queste avventure.
Nel 1975, Tabei fece parte di una spedizione tutta al femminile, finanziata parzialmente dalla televisione giapponese, per scalare il Monte Everest. Durante la scalata, il campo base fu colpito da una valanga, che seppellì Tabei sotto la neve. Miracolosamente, sopravvisse con solo lievi ferite e, dopo soli dodici giorni, continuò l'ascensione fino a raggiungere la vetta il 16 maggio 1975, diventando così la prima donna a farlo. Questo viaggio fu non solo una manifestazione fisica della sua resilienza, ma divenne anche un simbolo di incoraggiamento per le donne in tutto il mondo.
Il successo sull'Everest fu solo l'inizio per Tabei. Nel 1992, completò la sua scalata delle Seven Summits, diventando la prima donna a raggiungere questo traguardo. Durante queste spedizioni, Junko ha attraversato vari ambienti estremi, dalle fredde vette della Vinson Massif in Antartide alla piramide rocciosa del Puncak Jaya in Oceania. La sua determinazione e il suo spirito di avventura l'hanno vista superare innumerevoli difficoltà tecniche e ambientali, dimostrando ancora una volta il suo impegno non solo nella scalata ma nella promozione dell'accesso e della visibilità delle donne in questo sport.
Uno degli aneddoti più famosi riguardanti Tabei riguarda il dialogo che ebbe con un giornalista del New York Times dopo aver conquistato l'Everest, al quale esprimendo umiltà e determinazione dichiarò: "Non voglio essere ricordata semplicemente come la prima donna a scalare l'Everest, ma piuttosto come un'individuo che ha continuato ad affrontare sfide personali." Questa frase riassume perfettamente l'etica di vita e le motivazioni di Tabei, focalizzate non solo sui traguardi, ma sul continuo superamento dei propri limiti.
Oltre all'alpinismo, Tabei era attivamente coinvolta nella conservazione ambientale e nella promozione dei diritti delle donne nello sport. Nel corso degli anni, ha lavorato con varie organizzazioni ambientaliste e ha promosso eventi educativi per sensibilizzare sull'importanza della protezione dei paesaggi montani vulnerabili. Ha anche combattuto per una maggiore inclusione delle donne in sport tradizionalmente dominati dagli uomini, ispirando generazioni di alpiniste in tutto il mondo.
Junko Tabei continuò ad arrampicare fino a tarda età, superando il cancro al ventre che le fu diagnosticato nel 1996. Continuò a viaggiare, a salire e a tenere conferenze fino poco prima della sua morte nel 2016, a 77 anni, lasciando dietro di sé un'impressionante eredità. La sua vita è stata una testimonianza del potere della resilienza, dell'ambizione e dell'importanza di rompere i confini. Oggi, Junko Tabei non solo è ricordata come un'icona dell'alpinismo, ma anche come un simbolo del cambiamento sociale e un modello per aspiranti alpinisti di tutto il mondo.
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