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GUIDA TURISTICA DEL PIANETA TERRA: UN'ESILARANTE AVVENTURA DALLA NAMIBIA ALLA LIGURIA
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GUIDA TURISTICA DEL PIANETA TERRA: UN'ESILARANTE AVVENTURA DALLA NAMIBIA ALLA LIGURIA
Presentiamo qui foto, informazioni complete e diario di viaggio sul verde e affascinante stato di Panama.
Perché andare?
Panama è una meta ideale per gli amanti della natura: offre due oceani, montagne lussureggianti, isole caraibiche e fauna tropicale.
E’ uno dei paesi più sicuri dell’America Centrale, eppure è poco frequentato dai turisti.
La popolazione è simpatica e calorosa. Cosa volere di più?
Quando andare? Il periodo migliore per un itinerario di viaggio a Panama va da metà dicembre a metà aprile, la stagione secca che
garantisce sole e pochissime precipitazioni… almeno sulla costa Pacifica.
Nella maggior parte dei casi in questi mesi potrete godervi alla grande anche il Mar dei Caraibi,
ma qui c’è sempre un certo rischio d’improvvise piogge.
Facilmente sopportabili, comunque, dato che la temperatura è costantemente attorno ai 28 gradi.
Come muoversi? Un’auto a noleggio è ovviamente il mezzo migliore se siete in gruppo e volete viaggiare in libertà,
uscendo dalle strade battute dagli autobus e dai principali itinerari turistici.
Se siete soli o se volete concentrare la vostra vacanza sulle isole, però, può essere più conveniente muovervi in bus e in barca.
Per noleggiare qui un'auto ai prezzi migliori per il vostro itinerario di viaggio consiglio assolutamente di
cercare e prenotare a questo link.
Quanto costa? Si può dormire con dieci euro a testa a notte e cenare con anche meno.
Il volo sarà probabilmente la spesa più grossa della vacanza, circa 700 euro dall'Italia se si trova l'offerta giusta.
La gita a Isla Coiba è relativamente costosa (circa 300 euro per tre giorni e due notti, tutto incluso),
ma assolutamente imperdibile: si tratta di un parco nazionale isolato dal mondo, del resto.
Tenete a mente che nel quanto costa io tengo
conto di tutto il viaggio... dal mezzo per l'aeroporto di partenza alla bibita passando per pasti e souvenir.
Per un'idea sui prezzi degli hotel in Panama
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Dove andare? In teoria, i luoghi più affascinanti sono Santa Catalina, Isla Coiba, Bocas Del Toro, San Blas, Boquete.
Inoltre, fanno spesso parte degli itinerari di viaggio a Panama anche Boca Chica, Las Lajas, Panama City e il canale.
In pratica, lungo le strade di Panama capita spesso di vedere paesaggi che invitano a soste e deviazioni non previste.
Baie secluse, montagne verdi, spiagge deserte: ce n’è per tutti.
Altre destinazioni? All’itinerario di viaggio qui descritto si possono aggiungere Colon e Portobelo sulla costa Caraibica.
Sono interessanti inoltre le possibilità di “sconfinamento”: da una parte è facilmente raggiungibile, in bus o in auto,
il Costa Rica, dall’altra c’è Cartagena (in Colombia), dove si può arrivare in pochi giorni di navigazione.
Insieme alla ragazza e a una coppia di amici, decidemmo di esplorare lo stato di Panama a bordo di una jeep.
Il 16 dicembre prendemmo il volo da Milano a Panama City con un lungo scalo a New York e una breve sosta ad Atlanta.
A New York trascorremmo una bella serata in cui vagammo per Manhattan e salimmo in cima al Rockfeller Center.
Il mattino dopo, prima di prendere il volo, avemmo il tempo di goderci una spettacolare nevicata che imbiancò la Grande Mela.
E pioveva come le mele quando la sera stessa atterrammo a Panama, paese in cui la stagione secca va da metà dicembre ad aprile. Un taxi ci portò in albergo.
L'hotel era molto elegante e costava relativamente poco… e l’idea per la vacanza era quella, poca spesa e tanta resa.
Il mattino dopo, alle 6, un autista ci aspettava di fronte all’ingresso dell’hotel per portarci nell’arcipelago di Guna Yala,
alias San Blas, nel Mar dei Caraibi, prima meta del nostro itinerario di
viaggio panamense. Era una gita di un giorno prenotata dall’Italia e si rivelò tutto sommato un’ottima idea,
anche se imparagonabile a quello che avremmo visto e vissuto in seguito per conto nostro.
Attraversammo in auto passi montani e foreste pluviali, fino a raggiungere la base di partenza per l’arcipelago.
Qui montammo su una barchetta scassata e salpammo tra canali di mangrovie.
La prima tappa del viaggio era un’isoletta abitata dai Guna e perciò invasa da basse capanne di legno. Fu una visita molto interessante e caratteristica.
Riprendemmo il mare e dopo una mezz’ora ci ritrovammo circondati da isolette sabbiose ricoperte da palme.
Ci fermammo in una zona di mare particolarmente celeste, dal basso fondale, dove ci tuffammo per scoprire numerose stelle marine,
dure, grosse e colorate. La giornata continuò con altri giri in barca, un paio di splendide spiagge, snorkeling su un
vecchio relitto popolato da pesci colorati e un semplice pranzo sotto le palme.
Il giorno dopo ricomparve il sole, che non ci abbandonò quasi più come ci aspettavamo dalla stagione secca. Tornammo in aeroporto a ritirare la macchina a noleggio prenotata
dall’Italia, una Subaru
station wagon 4x4, ideale per un itinerario di viaggio a Panama tra giungle e spiagge.
Eravamo pronti ad affrontare qualsiasi pericolo… non che ce ne aspettassimo tanti, da Panama, ma nel dubbio eravamo pronti.
Partimmo in direzione ovest, senza programmi precisi, belli convinti. Come prima cosa ci fecero una multa per eccesso di velocità.
Il poliziotto ci disse che ci spettavano delle lunghe procedure burocratiche per pagare la multa, quindi lo corrompemmo con 30 euro e continuammo
felici.
Guidare per le strade di Panama, per il resto, era un piacere: poco traffico e panorami rilassanti quando non erano strepitosi.
Dedicammo quel primo giorno alla scoperta della giungla e di qualche affascinante cascata nei pressi dell’Anton Valley.
Attraversammo paesini caratteristici e cittadine piuttosto spoglie. Dormire in un buon hotel in una
quadrupla costava sui 10 euro a testa.
Il giorno dopo il nostro itinerario di viaggio a Panama ci portò alla splendida Santa Catalina, sull’Oceano Pacifico. Pensavamo fosse un luogo turistico, ma i turisti erano in realtà 10 o 11 noi inclusi.
C’erano spiagge spettacolari, barchette di pescatori e palme sul mare.
Dormimmo in un bungalow scassato,
ma in posizione splendida, spendendo 16 euro per una doppia. Facemmo surf ed esplorammo baie
indimenticabili. Santa Catalina è una meta imperdibile in ogni itinerario
di viaggio a Panama.
Ripartimmo e raggiungemmo Boca Chica, bel tratto di costa davanti alla quale sorgeva l’isola di Boca Brava,
completamente disabitata a parte un hotel. Un panamense s’offrì di portarci in barca sull’isola.
Da buoni genovesi, contrattammo sul prezzo anche se era già parecchio basso.
Boca Brava era un’isola tropicale come si deve: colline ricoperte dalla foresta pluviale, scimmie e spiagge.
I paesaggi erano sublimi così come la quiete.
Lo snorkeling, invece, era scadente per via dell’acqua resa torbida dai fondali sabbiosi…
ma ciò non ci disturbava più di tanto, prendevamo ciò che la natura ci offriva con grande generosità.
Salutammo le scimmie e tornammo a Boca Chica, dove riprendemmo la jeep. Visitammo una baia vicina,
a mio avviso molto bella e, inutile dirlo, sconosciuta al turismo. Testammo le capacità della Subaru sulla sabbia e ripartimmo.
In serata, quando già era buio, arrivammo a Boquete, località montana rinomata tra i “gringo” americani in pensione:
qui, infatti, possono trascorrere la vecchiaia con un clima favorevole e un basso costo della vita.
A nostro avviso, ci sono, a Panama, luoghi molto più sensazionali, ma Boquete fu l’unica cittadina in cui
non riuscimmo a trovare immediatamente un posto letto. Al quarto tentativo, e per la folle spesa di 15 euro a testa,
trovammo finalmente una camera libera.
Era tardi per cenare e i ristoranti stavano chiudendo. Riuscimmo a sgranocchiare qualcosa di tipico
(carne, patacones – cioè fettine di platano fritte - e verdure).
A Boquete la vita notturna era inesistente come nel resto di Panama, ci sembrava, ma la nostra vacanza aveva comunque altri obiettivi.
Il giorno dopo, attraverso una strada di montagna tra il meraviglioso e il fantastico, raggiungemmo la costa caraibica
panamense e quindi la città di Almirante, che era l’opposto di quei paesaggi: piena di spazzatura, grigia, praticamente inguardabile.
Però, era il punto di partenza per l’arcipelago di Bocas del Toro, destinazione necessaria in ogni itinerario di viaggio a Panama che si rispetti.
Arrivati ad Almirante, un anziano in bici ci guidò all’imbarco passeggeri per Bocas del Toro.
Ci fece parcheggiare in un economico posteggio privato, dove avremmo lasciato l’auto per due giorni,
e ci accompagnò al porticciolo, guadagnandosi una mancia.
Appena salimmo sulla barchetta, carica di persone e bagagli, l’atmosfera puzzolente di Almirante cambiò.
Viste da quel canale di mare, le baracche in mezzo alla vegetazione avevano un loro fascino.
Bocas è un arcipelago composto da numerose isolette caraibiche, alcune belle e altre meravigliose,
una destinazione in genere inserita in tutti gli itinerari di
viaggio a Panama.
La città principale, Bocas del Toro, sa proprio di vacanza: è piena di ristoranti e hotel per tutti i gusti, soprattutto economici,
e si trova su Isla Colon. Le altre isole sono quasi disabitate.
Arrivati a Bocas Town facemmo un breve giro per la cittadina e scegliemmo un hotel a caso.
Alle tre del pomeriggio eravamo pronti per una prima visita dell’arcipelago.
Incerti sul da farsi, alla fine un taxi-boat ci portò alla Isla Bastimientos.
Arrivammo in quindici minuti a un porticciolo alle cui spalle c’erano soltanto mangrovie. Un ottimo inizio!
Dal molo raggiungemmo un sentiero che conduceva alla spettacolare Red Frog Beach.
Dovemmo pagare un paio d’euro d’ingresso, ma erano niente in confronto a quei paesaggi.
Camminando lungo la spiaggia, ci trovammo soli i paradiso caraibico,
fatto di sabbia bianca, palme sull’acqua, vegetazione impressionante, isolotti rigogliosi e… davvero, le foto parlano da sé.
Non c’era alcun segno umano (un resort si trovava al centro dell’isola, ma era fortunatamente invisibile a causa della vegetazione).
Non c’era nessuno. Lo sottolineo non perché sono misantropo, ma perché l’immersione nella natura inebria come nient’altro.
Uno dei momenti più esaltanti del viaggio.
Al tramonto tornammo col taxi-boat a Bocas Town. Una buona cena a base di aragosta ci costò oltre 10 euro a testa.
Durante la notte la pioggia s’imbatté incessante sull’isola, ma il mattino dopo il cielo si schiarì.
Noi partimmo per una gita in barca che ci portò a vedere mangrovie, delfini e, infine, la splendida Cayo Zapatilla,
un’isoletta di sabbia bianca, palme e vegetazione lussureggiante. Anche qui, ci si poteva appisolare sulla prima
spiaggia oppure camminare lungo tutto il periplo dell’isola, come facemmo noi. Senz’altro la mossa giusta,
i panorami erano esaltanti. Bocas era un arcipelago turistico per gli standard panamensi, ma bastava
camminare per duecento metri e non c’era più nessuno attorno. Ed erano le vacanze di Natale!
Il giorno dopo prendemmo il bus, che fu un’esperienza:
il pullmino, infatti, partiva soltanto quand’era pieno, e l’opera di riempimento era compiuta da un ragazzino
che correva da una parte all’altra chiamando i clienti e inventando orari di partenza poi inevitabilmente non rispettati.
Alla fine il mini bus si mosse e, per un dollaro, ci facemmo lasciare a “La Gruta”, la grotta,
una destinazione originale per un itinerario a Bocas del Toro.
Scendemmo dal bus e ci avventurammo su un sentiero. Le indicazioni erano a dir poco scarse.
Una signora con due bimbi e due galline ci chiese un’offerta per entrare nella grotta.
Lasciammo un dollaro a testa e c’infilammo “sottoterra”.
La Gruta era piena di pipistrelli: camminavamo con l’acqua fino al ginocchio, al buio, tra rocce e topi volanti,
poi all'improvviso uscimmo nella foresta.
Proseguimmo nella giungla lungo il ruscello, circondati da mosche e zanzare, prendendo tutte le forme di dengue e malaria possibili
immaginabili, quindi arrivammo a un’altra caverna. Fu uno dei momenti più selvaggi dell'itinerario di viaggio a Panama.
Nel primo pomeriggio prendemmo la barca per Almirante, dove incredibilmente ritrovammo la Subaru sana e salva.
Ci mettemmo alla guida e, tra paesaggi sempre meravigliosi, ritornammo sulla costa Pacifica, a Las Lajas,
un’infinita distesa sabbiosa. Dormimmo in un resort sull’Oceano, un posto lussuoso con piscina, giardino sulla spiaggia,
e tutte queste amenità che pagammo profumatamente (venti euro a testa).
Dopo un tramonto strepitoso, trascorremo la serata ascoltando l’oceano e guardando le stelle.
Il giorno dopo ci dirigemmo verso l‘Hotel Heliconia, che organizzava un’escursione di tre giorni a Isla Coiba:
avevamo prenotato dall’Italia, prima di partire, sia l’albergo che la gita.
L’Hotel Heliconia è gestito da due olandesi e si trova sulla costa occidentale della penisola de Azuero. Per raggiungerlo
passammo attraverso i “soliti” paesaggi rigogliosi cui si alternavano campi coltivati e casette colorate.
A parte il pranzo di Natale (era il 25 dicembre) in un sudicio self-service per camionisti (che aveva il suo fascino, comunque),
era tutto meraviglioso. Per aggiungere ai panorami idillici ulteriore “idillicità”, ogni tanto si vedevano scorci di un mare azzurro,
ma così azzurro che sembrava blu.
Ci avventurammo su stradine sterrate alla ricerca di un qualche caratteristico sbocco sul mare. Trovammo contadini e bambini che giocavano
in un ruscello, poi, al termine di un altro sterrato finalmente avemmo accesso al mare. Ci avventurammo con la 4x4 lungo
la spiaggia, su una specie di duna, e poi, in un momento d’incoscienza, guidai giù dalla duna fino al mare.
Era tutto spettacolare, sì, ma al momento di risalire rimanemmo insabbiati. Sapevo che nel corso del nostro itinerario di viaggio alla fine avrei combinato qualche casino, con la jeep tra le mani.
Sgonfiammo le gomme per avere più superficie galleggiante
sulla sabbia, godendoci il selvaggio panorama, finché finalmente riuscimmo a risalire.
Arrivammo all’hotel, molto bello in una vegetazione lussureggiante, cenammo e andammo a dormire.
Il giorno dopo iniziò la gita in barca. Eravamo noi quattro, una coppia californiana, un panamense proprietario
della barchetta, suo figlio, e la nostra guida dell’hotel, un vero appassionato della natura, amante di piante, uccelli, pesci e
animali in genere.
Isla Coiba è un paradiso naturale, disabitato, dove sono presenti alcuni semplici bungalow ricavati
dalle strutture di un carcere abbandonato. Dopo la lunga navigazione ci sistemammo nei locali. La guida ci disse che
c’era molta più gente del solito. Mah, ci saranno state 20 persone e avevamo a disposizione un’isola intera più tutto
il mare circostante. Ed era il 26 dicembre. Panama continuava a stupirci, luoghi molto più banali erano presi d’assalto
da orde di turisti e invece lì… solo noi. O quasi.
La spiaggia su cui si affacciavano i bungalow era strepitosa, quella appena dietro anche, ma era abitata da un coccodrillo, di nome Tito,
e quindi non era frequentabile.
I tre giorni e due notti che trascorremmo sull’isola furono i più belli della vacanza. Camminammo nella giungla,
tra le scimmie, esplorammo con la barchetta foreste “acquatiche” di mangrovie tra cui volavano pappagalli e uccelli colorati,
vedemmo da lontano un paio di coccodrilli e, soprattutto, facemmo snorkeling nelle acque più ricche di pesci che si possano sognare.
I posti migliori per lo snorkeling erano i piccoli isolotti che attorniavano Isla Coiba, già di per sé affascinanti.
Ad esempio, il “Granito de Oro” aveva un diametro di non più di duecento metri, eppure offriva una splendida spiaggia dorata, palme e
alberi rigogliosi, rocce tondeggianti e centinaia di paguri.
Nuotando lungo tutto il periplo dell’isolotto vedemmo
migliaia di pesci colorati, branchi di barracuda, murene, squali e tartarughe lunghe un metro:
ogni specie aveva il suo posto preferito. Gli squali erano
inoffensivi per l’uomo (così c’era stato giurato, almeno), erano lunghi massimo un paio di metri e stavano tranquilli
sul fondo. Nuotare nell’Oceano Pacifico assieme a una tartaruga gigante, per un paio di minuti, fu invece una delle
esperienze più idilliche della mia vita. Quel dominio assoluto della natura era un po’ inquietante, ma pure esaltante.
Ci sentivamo comunque al sicuro: soltanto una volta, facendo snorkeling al tramonto, quando i predatori iniziano
ad andare a caccia e mi trovai a nuotare a un metro e mezzo di distanza da due squali e da una murena lunga quasi quanto me…
ecco lì pensai che era meglio rientrare alla spiaggia!
La sera, a Isla Coiba, trascorreva serena. La guida preparava la cena (non c’erano né bar né ristoranti,
ovviamente, soltanto una cucina in comune per i bungalow) e poi ci si sdraiava sulle amache appese tra le palme,
a guardare le stelle e il riflesso della luna sul mare.
Al termine di quei tre giorni strepitosi (forse i più entusiasmanti del nostro
itinerario di viaggio panamense) rientrammo all’hotel Heliconia, dove ci rilassammo e dormimmo in vista dell’ormai
prossima partenza. Il giorno dopo, infatti, guidammo fino a Panama City, fermandoci in qualche punto panoramico,
ma con lo spirito già purtroppo rivolto alla fine della vacanza. Visitammo le chiuse del celeberrimo Canale di Panama.
Poi ci fermammo a dormire in un hotel sulla calata di Amador,
da dove si godeva una bella vista sulla città. Una buona cena a base di carne e patacones e una buona dormita.
Il mattino dopo, all’alba, guidammo fino all’aeroporto, lasciammo la Subaru e rientrammo in Italia.
Panama, i suoi cieli tropicali, il mare, i pesci, i paesaggi rigogliosi, la pace e la libertà di quei
luoghi erano nei nostri cuori e un po’ anche nelle macchine fotografiche… Ma non bastava.
Torneremo presto. O, come minimo, scriveremo un inutile diario di viaggio. Ehm…
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