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GUIDA TURISTICA DEL PIANETA TERRA: UN'ESILARANTE AVVENTURA DALLA NAMIBIA ALLA LIGURIA
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GUIDA TURISTICA DEL PIANETA TERRA: UN'ESILARANTE AVVENTURA DALLA NAMIBIA ALLA LIGURIA
Qui sotto alcune delle foto più affascinanti dagli Stati Uniti e un divertente e interessante diario di viaggio
pieno di informazioni e aneddoti che descrive l'intero itinerario.
Se non le avete ancora lette, date un'occhiate alle informazioni di viaggio e alla mappa
dell'itinerario qui: www.wildtrips.net/stati-uniti.htm.
Il nostro viaggio iniziò dall'aeroporto di San Francisco, dove con estrema gentilezza l'addetto dell'autonoleggio
della Dollar ci noleggiò uno spazioso SUV. Eravamo nella magica California e volevamo iniziare il nostro itinerario
dai grandi parchi americani.
Era notte, quindi quella sera ci accontentammo di guidare
per mezz’oretta prima di fermarci in un motel.
Il mattino dopo,
sotto un cielo azzurro, partimmo entusiasti verso la prima meta del nostro itinerario di viaggio negli Stati Uniti, il parco dello Yosemite.
La tipica strada a 8
corsie sapeva d’America, ma non era attraente. Quando deviammo
verso le montagne, 6 corsie scomparvero e il paesaggio si fece
più piacevole.
Il SUV ovviamente aveva il cambio automatico, come quasi sempre negli USA. La fama dello
Yosemite (pronunciato “iosèmiti” e non “iosemàit”) deriva dalle
sue impressionanti montagne rocciose, con pareti mitiche per
gli alpinisti più arditi, e dai suoi bei paesaggi montani.
Inerpicandosi, la
strada s’inoltrò in una densa foresta. Parcheggiammo e ci
avventurammo nella vegetazione su comodi sentieri. C’erano
alberi giganteschi, tra cui spiccavano le enormi sequoie
centenarie. Eravamo esaltati come bambini al luna park mentre esploravamo
quella che era la prima eccitante destinazione del nostro itinerario di viaggio tra i grandi parchi dei maestosi Stati Uniti d'America.
Saltellando allegri, ammiravamo questi alberi insensati, alti
oltre cento metri e con tronchi tanto larghi che vi si poteva
scavare una galleria stradale. Non è un esempio a caso: a
fine ‘800, nella sequoia Wawona fu
davvero scavato un tunnel, ferendola.
Ci rendemmo subito conto che gli USA sono un paese grandioso, esagerato, per certi aspetti folle.
Continuammo in SUV
fino a un punto panoramico pieno di scoiattoli, il Glacier
Point. Da qui s’ammirava una vista sconfinata su montagne, valli
e foreste. Proseguendo in auto (praticamente una parte di noi per quella vacanza) e fermandoci occasionalmente nei
vari punti panoramici o per brevi camminate, c’imbattemmo in
fiumi, cascate e spaventose pareti di granito (tra cui il famoso
El Capitan). Sottolineo che alcuni dei passi montani che
attraversammo arrivavano a 3000 metri di quota, quindi non tutte
le strade sono percorribili in inverno. In particolare, il
Glacier Point e il Tioga Pass (che porta verso l’interno degli
Stati Uniti) sono chiusi da novembre a maggio.
Decidemmo
di dormire in tenda in un campeggio su una vetta alberata. E’
vero che di giorno si stava benissimo in pantaloncini e
maglietta. La sera, però, la temperatura scendeva a 4-5 gradi
sotto lo zero. Eravamo a 2700 metri di quota, del resto. Così, alle 4 del mattino ci trovammo
tutti chiusi in macchina col riscaldamento acceso. Facemmo di
necessità virtù e andammo a goderci l’alba da diversi punti
panoramici, su laghi e passi montani. Fu spettacolare.
Ringraziammo il gelo.
In quel campeggio nello
Yosemite il pagamento
avveniva mediante il deposito di contante in una cassettina di
legno. Nessuno controllava: era un sistema basato sulla fiducia.
Ciò esemplifica la correttezza e il senso sociale degli
americani in generale, oltre che la loro grande passione per l'outdoor, almeno tra chi non si accontenta di
sfondarsi di hot dog.
Dopo qualche
vagabondaggio mattutino, attraverso il summenzionato Tioga Pass
lasciammo i bei paesaggi di montagna e scendemmo fino alle piane
deserte che s’estendono tra California e Nevada per la tappa successiva della nostra vacanza.
Improvvisavamo, ma avevamo anche un'idea di itinerario di viaggio in mente. Mangiammo un
hamburger in un bar che sembrava uscito da un film western. Dopo
pranzo, la temperatura esterna salì a 45 gradi: per noi, un'escursione termica assurda.
Incontrammo la Death Valley, coi suoi paesaggi estremi: dune, laghi di
sale, canyon, picchi rocciosi. Essendo la Valle della Morte, la vegetazione era praticamente
inesistente, mentre l’acqua era presente soltanto sotto forma di
una pozza in una piana salata cento metri sotto il livello del
mare. Uno dei punti panoramici più notevoli era lo Zabriskie Point,
con le sue strane ondulature striate del terreno frutto di sedimentazione ed erosione.
Dormimmo in un conveniente motel trovato lungo la strada,
come quasi tutte le sere.
Dopo una colazione
all’americana con uova e pancetta, il nostro itinerario di viaggio attraverso
la natura americana riprese. Lo Zion Canyon, il Bryce
Canyon, Canyonlands… tutti luoghi straordinari, con una
stupefacente varietà di paesaggi accomunati però, oltre che dall'intuibile presenza dei canyon, dalla rocciosità del terreno,
dalla scarsità di vegetazione e dall'atmosfera da film d'avventura.
Ci trovavamo nel paradiso dell’appassionato di fotografia, con quel continuo
variare di forme e di colori e con albe e tramonti da far
mancare il respiro. A fine vacanza
ci trovammo con circa 1000 foto a testa scattate su un percorso
di 5000 chilometri, una cosa folle, ma giustificata dalla grandiosità dei paesaggi,
che non era possibile contenere in poche immagini.
Dei luoghi nominati
in precedenza, il Bryce Canyon è quello che ci stupì
maggiormente, con le sue improbabili rosse guglie rocciose. La
visita è semplice: una comoda strada s’inerpica su una montagna,
superando i 2000 metri di quota e fornendo numerosi punti
panoramici.
Canyonlands è invece un’ampia regione selvaggia,
forse meno appariscente, ma la cui visita è assai più
avventurosa: si possono seguire svariate strade sterrate
praticamente deserte che percorrono canyon e terreni rocciosi.
Queste zone sono il paradiso per il trekking e l'arrampicata, ma anche per itinerari in
canoa lungo fiumi e laghi: tutte soluzioni eccellenti ed
economiche per godere di quell’immensa libertà. Avevamo sentito parlare anche di
possibilità più costose e complicate, come il rafting di tre
giorni nel Grand Canyon.
Ma mi sto portando
troppo avanti. Dopo la regione di Canyonlands incontrammo il Lake Powell, presso cui gli americani della regione si
recano nei weekend coi loro SUV con motoscafo al traino. L’acqua
piatta e calda lo rende il luogo ideale per wakeboarding,
wakesurfing e bare-foot water-skiing. Questa americanata è poco diffusa da noi, e si tratta di praticare sci
d’acqua senza sci, a piedi nudi, compiendo pure delle acrobazie: necessarie sono l'acqua piatta e l'alta velocità del motoscafo.
Noi non provammo quegli sport, ma ai godemmo l'acqua e delle spiagge appartate, prima di ripartire, stavolta verso la Monument Valley, con
le sue famose cattedrali di roccia nel deserto. Al tramonto
era uno spettacolo eccezionale. "Sparammo" un po' delle 1000 foto della vacanza.
La zona della Monument Valley fa parte della riserva Navajo e i nativi americani gestiscono tutte le
attività all'interno della valle: in particolare, sono indiane le guide che portano a visitare i
percorsi a cui non si può accedere in modo indipendente con l'auto.
Fu poi la volta del
Grand Canyon, un must per ogni itinerario di viaggio negli Stati Uniti occidentali. Lo visitammo soltanto dai principali punti
panoramici turistici. Fu sufficiente per rimanere sbalorditi
dall’imponenza del paesaggio, anche se un
buon trekking ci avrebbe aiutati ad apprezzare e comprendere
maggiormente quel luogo unico. In inglese “Grand” significa
“grandioso”, più che “grande”, e in effetti così il nome ha
senso… “Big Canyon” avrebbe senz’altro sminuito il posto.
Sulla nostra strada
incontrammo la folle Las Vegas. I suoi alberghi e casinò,
grattacieli dalle architetture mirabolanti, sono una continua
fonte di stupore e scuotimenti di capo. Mentre notavamo la
replica della Torre Eiffel o di Bellagio ridevamo delle
manie americane. Era una città dedicata all'esagerazione e al divertimento.
C’erano infatti
intrattenimenti per tutti i gusti e tutte le tasche. Le camere
d’albergo costavano poco, nei casinò c’erano tavoli e roulette
in cui si potevano spendere fortune ma anche quelli dove puntare pochi centesimi, e i ristoranti a buffet
fornivano buon cibo a pochi dollari. Era un posto di vacanza studiato alla
perfezione per intrattenere e spennare turisti.
La temperatura esterna era di 40 gradi, mentre
negli hotel-casinò l’aria condizionata era freschissima, e si diceva che la concentrazione
d'ossigeno fosse superiore, per inebriare i giocatori. Le serate potevano non finire mai,
tra spettacoli e bar.
Di notte,
viaggiammo poi verso San Diego, passando quindi dal Nevado alla California.
Dopo cinque ore d'auto, arrivammo sulla costa Pacifica (a pochi chilometri dal confine col Messico e
da Tijuana), e ci addormentammo in spiaggia.
Al risveglio vagammo
per i lunghi litorali sabbiosi, frequentati da famiglie e
surfisti e protetti dai tipici “baywatch” col salvagente rosso.
San Diego ci affascinò per la sua modernità e vivibilità, oltre
che per il clima ideale: sole e caldo era la norma, ma non faceva mai troppo caldo, nemmeno d'estate,
perché era rinfrescata dall'acqua dell'Oceano Pacifico, qui percorso da una corrente fredda.
Dopo una notte in
motel ripartimmo verso nord, fino a Los Angeles e ai suoi
famosi quartieri di Hollywood, Beverly Hills, Bel Air, Santa
Monica, Malibu. Mentre attraversavamo Los Angeles Downtown (il
centro composto da grattacieli e uffici, frequentato di giorno
ma deserto di sera) c’imbattemmo in una scena di guerriglia
con tanto di auto rovesciate, fiamme e spari. Era in realtà una scena
di un film, i Transformers, stando a un poliziotto.
A Santa Monica
sfidammo dei giocatori californiani a beach volley, con alterni
risultati. C’era una quantità di campi gratuiti davvero
eccessiva! Al contrario che nei centri europei, Los
Angeles Downtown la sera era spettrale. In realtà,
c’erano numerosi centri a Los Angeles, uno per “quartiere” (termine
non appropriato per indicare ad esempio Santa Monica che ha
quasi 100000 abitanti).
A Long Island
partecipammo a una gita di whale watching. Purtroppo non era la
stagione giusta per incontrare delle balene (ce lo dissero dopo
che avevamo pagato il biglietto); fu comunque divertente perché
vedemmo centinaia di delfini.
Da Los Angeles
il nostro itinerario di viaggio negli Stati Uniti occidentali continuò verso nord. Ci fermammo a Santa Barbara, poi
proseguimmo lungo la bella costa fino a Monterey. Il mattino
dopo cielo grigio e un’altra gita di whale watching,
stavolta coronata da successo. La baia di Monterey offre ampie
garanzie in fatto d’avvistamento balene, per non parlare di
foche e delfini.
Da Monterey
continuammo verso nord fino a San Francisco, ultima meta del nostro itinerario di viaggio. Il cielo tornò a
essere azzurro, che non è affatto scontato in questa zona della
California, al contrario del fortunato sud dove è estate quasi
tutto l’anno. "L'inverno più brutto che abbia mai passato è stato un'estate a
San Francisco," diceva Woody Allen.
San Francisco, col
Golden Gate Bridge, i colli su cui s’inerpicano i tram, i
palazzi ben tenuti, l’ampia e ventosa baia in cui si trova
l’isola di Alcatraz, è unica, bella e vivibile. Vi
trascorremmo gli ultimi due giorni della vacanza, vivendo una
divertente avventura l’ultima sera, prima di prendere il volo
verso l’Italia.
Stavamo ammirando la
skyline notturna di San Francisco, coi suoi grattacieli
illuminati e un ponte percorso dal traffico, quando chiusi
distrattamente la porta del SUV. A salvarci arrivarono i pompieri,
con il camion rosso d’ordinanza, quello dei film con
la scala antincendio sul tetto.
Il volo del ritorno fece scalo a Philadelphia, dove
sostammo ventiquattr’ore: avremmo avuto tempo d’andare fino a
New York, ma ci accontentammo di Philadelphia, città non molto
appariscente che i più conoscono per la scalinata su cui “Rocky” urlava Adrianaaaaaaaaa nel famoso film.
Dormimmo
in stazione, venendo svegliati alle 4 del mattino da un
poliziotto con due colpi di torcia sulla panchina. Noi e gli
altri barboni dovemmo lasciare l’edificio.
Tornammo
all’aeroporto e la vacanza finì davvero. Un viaggio spettacolare
e facile, dove “on the road” significa libertà, ma non scomodità
(davvero, se vi sembra scomodo, dovete provare l’isola di Giava
in Indonesia!). Un viaggio assolutamente consigliabile, anzi
obbligatorio, fondamentale e necessario. Luoghi in cui si
potrebbe anche tornare, compiendo un itinerario più lungo tra i parchi nazionali e aggiungendo attività
avventurose, divertenti e altamente improbabili.
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