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GUIDA TURISTICA DEL PIANETA TERRA: UN'ESILARANTE AVVENTURA DALLA NAMIBIA ALLA LIGURIA
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GUIDA TURISTICA DEL PIANETA TERRA: UN'ESILARANTE AVVENTURA DALLA NAMIBIA ALLA LIGURIA
Un avventurosissimo, meraviglioso safari africano!
Se non le avete ancora lette, date un'occhiate alle informazioni di viaggio e alla mappa
dell'itinerario qui: www.wildtrips.net/africa-it.htm.
E poi, se volete, continuate l'esplorazione dell'Africa Meridionale con la prosecuzione di questo
safari in Botswana e alle Cascate Vittoria con foto e diario di viaggio.
Volevamo visitare la meravigliosa Namibia, ma prenotammo anzitutto il volo per Johannesburg, in Sudafrica,
escludendo altri voli "interni", perché troppo costosi.
Riservammo una Nissan con le tende sul tetto (che sarebbe
stata la nostra casa per quindici giorni). Scaricammo le mappe
di Tracks4Africa per il nostro navigatore GPS Garmin. Ed eravamo pronti all'avventura!
Atterrammo a Johannesburg a inizio agosto (stagione ideale per visitare Namibia e Botswana).
Un dipendente della
ditta di noleggio 4x4 ci portò dall'aeroporto alla loro sede,
dove ci spiegarono i segreti della nostra jeep. Subito dopo il
tramonto, andammo a fare la spesa per i successivi campeggi in
un vicino ipermercato, dove mangiammo una pizza sorprendentemente mangiabile. Quindi,
partimmo in direzione Namibia.
Guidammo per tutta la notte, percorrendo
circa 900 chilometri in mezzo al Sud Africa... cosa non proprio consigliabile, ma ci fece risparmiare
tempo e denaro.
All'alba eravamo in Namibia (nessun
problema alla dogana) e dopo altri 300 chilometri raggiungemmo
la prima meta del nostro improvvisato itinerario di viaggio, il Fish River Canyon.
Il paesaggio era
spettacolare, non soltanto per la gigantesca gola tra le
montagne (seconda soltanto al Grand Canyon americano), ma per i
colori e tutto l'insieme: panorami selvaggi, strade sterrate
praticamente deserte, poche piante che facevano capolino tra le
rocce, sconfinati spazi liberi.
La jeep era fornita
di tutto l'occorrente per campeggiare (riserva d'acqua, frigo,
posate, coperte, eccetera). La sera ci portavamo fuori strada, facevamo il falò e grigliavamo in
mezzo alla savana, nel silenzio assoluto. Quella prima sera, probabilmente non
c'era essere umano nel raggio di cento chilometri. Altro che destinazioni turistiche!
Il mattino seguente
portò in effetti un'altra splendida giornata (nessuna nuvola
vista in quindici giorni: non stresserò mai abbastanza
l'importanza di viaggiare nella stagione secca). Dopo avere
esplorato a piedi i dintorni, partimmo in direzione Sesriem,
dove avevamo prenotato un “vero” campeggio dall'Italia - cosa
necessaria in quanto si trattava di parco nazionale. Sulla
strada il terreno roccioso rotto dai canyon si trasformò in
savana: distese d'erba giallastra, con rosse colline brulle
sullo sfondo, pochi alberi solitari e i primi mammiferi (capre,
zebre e orici).
Gli animali non si spaventavano e noi potevamo osservarli da vicino
per poi vagare alla ricerca di altre specie. La strada era in genere un ampio sterrato ghiaioso,
ma anche fuori strada il terreno era percorribile con una jeep.
Visitammo il bel
canyon roccioso di Sesriem, ma non potemmo avventurarci nel deserto a causa di una tempesta di vento.
Peccato, perché lì le dune rosse di Sossusvlei rappresentano una delle più belle destinazioni turistiche della Namibia.
. Lasciammo a malincuore il deserto e continuammo
il nostro percorso verso nord attraverso terreni sempre brulli, ora più
scuri, con colline tondeggianti
separate da piccoli canyon. Il nostro itinerario di viaggio ci portò quindi all'Oceano
Atlantico, nei pressi di Walvis Bay. Percorremmo la
strada lungo la laguna, su cui si affacciavano dune di sabbia
gialla.
A un certo punto svoltammo tra di esse,
sfruttando il 4x4 della Nissan. C'insabbiammo una prima
volta, quindi con l'aiuto di pala e sgasate riuscimmo a
ripartire. Non contenti, accelerammo fino alla cima di una duna
con splendida vista sulla baia e sui fenicotteri che
s'adagiavano sull'acqua al tramonto.
Vicino a Swakopmund le dune
che s'affacciavano sull'oceano erano alte anche 300 metri; ci arrampicammo a piedi
su una di esse, ammirando l'incredibile panorama. Riprendemmo poi il viaggio e facemmo un'altra pausa su una spiaggia, da
cui si vedeva un recente relitto di una nave.
Poco più a nord ci
fermammo nella riserva naturale di Cape Cross, dove
migliaia di foche rumoreggiavano e puzzavano. Era impressionante
vederle gettarsi tra le onde in mezzo agli
scogli.
Ci spostammo quindi
verso l'interno e, in mezzo alla savana, ci godemmo un altro
incantevole campeggio. Questa era la regione del Damaraland,
bella e selvaggia, nella Namibia centrale. Mentre campeggiavamo, ci rendemmo conto che
il nostro itinerario ci aveva portato in zone potenzialmente abitate da leoni. Eravamo felici che
le nostre tende si trovassero sul tetto della jeep.
Il giorno dopo
entrammo nell'Etosha Park, riserva naturale vasta quasi
quanto il Belgio, la cui parte più accessibile per i turisti
s'affaccia su un gigantesco lago di sale. Attorno a delle pozze
d'acqua si radunano gli animali per abbeverarsi.
Vagando tra le strade
sterrate c'imbattemmo in gazzelle, zebre, orici, elefanti e
giraffe
Eravamo sorpresi di quanto fosse facile scorgere
animali, ce n'erano centinaia a ogni angolo. C'impegnammo così a
cercare le scene più rare, seguendo talvolta i commenti di altri
viaggiatori in jeep. Trovammo delle iene intente a consumare
la carcassa di una giraffa; un leopardo che si muoveva tranquillo tra
i cespugli; delle leonesse impigrite.
Il momento più
emozionante fu la caccia di una gazzella da parte di due
ghepardi. Acquattati nell'erba alta della savana, i due felini
aspettarono pazientemente che una gazzella leggermente separata
dal branco s'avvicinasse a loro. Poi, scattarono e in pochi secondi
la raggiunsero e ne fecero il proprio pranzo, povera gazzella!
Il campeggio libero
all'interno della riserva era vietato, perciò non corremmo
ulteriori rischi d'essere divorati, almeno in quella porzione d'itinerario di viaggio. Campeggiammo invece in una
bella struttura, ben organizzata.
Il giorno successivo
aggiungemmo i rinoceronti alla lista degli animali
osservati. Lasciammo poi l'Etosha e, cambiando programma,
decidemmo di visitare anche il nord della Namibia. Dal parco ci
dirigemmo quindi verso Opuwo, dove donne vestite all'occidentale
camminavano di fianco a indigene Himba a seno nudo, coi
capelli raccolti in trecce rese lucide da un fango rosso.
Lasciammo Opuwo e
dirigendoci verso nord notammo diversi villaggi Himba composti
da un recinto di legno al cui interno si trovavano alcune
capanne e parecchie capre. Era un popolo primitivo, che viveva a
modo proprio: non parlavano inglese e non sembravano interessati
alla vita occidentale.
Il villaggio era povero e piccolissimo, poco più di una casa
per una famiglia allargata. C'erano due donne, i bambini, i nonni, mentre
gli uomini forse erano al pascolo. Tentare di dialogare con loro fu divertente, ma fallimentare!
Procedemmo poi con la
jeep verso nord, e più ci spingevamo verso il confine con l'Angola
più la vegetazione s’infoltiva. Il nord della Namibia è più
umido e piovoso del desertico sud.
Riprendemmo l'itinerario namibiano, direzione
Epupa Falls. Nel mezzo, uno splendido campeggio sul letto
asciutto di un fiume. Le cascate di Epupa
meritarono la visita: splendidi panorami, le palme sul fiume,
uno strano lucertolone colorato e la scritta "attenzione
pericolo coccodrilli". Purtroppo, non ne vedemmo.
Giungemmo al confine
con l'Angola su un'altra affascinante strada sterrata. Chiedemmo
ai gendarmi il permesso d'attraversare il confine, anche solo
per un attimo, ma bocciarono la nostra idea. Una gallina,
però, trotterellò sotto la sbarra senza essere vista.
Riprendemmo allora la nostra strada lungo la
Caprivi Strip. Si tratta di una stretta striscia di
territorio namibiano, a nord del Botswana, percorsa dai fiumi
Okavango, Chobe e Zambesi. E' umida, ricca di vegetazione e
piuttosto popolata (rispetto al resto della Namibia). Una notte campeggiammo
lungo lo Zambesi, terrorizzati dai barriti degli elefanti, i
versi degli ippopotami e la miriade di zanzare che giravano.
Non avevamo fatto la profilassi antimalarica, che forse in quel
campeggio avrebbe avuto una sua utilità. Nessuno di noi s'ammalò,
comunque, né gli ippopotami ci rovesciarono jeep e tende.
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PER CONTINUARE CON LA SECONDA PARTE DEL DIARIO (UN ITINERARIO DI VIAGGIO TRA BOTSWANA E VICTORIA FALLS)
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Come già scritto, la seconda parte di questo safari africano è a questo link:
diario di viaggio in Botswana con tutte le foto.
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